EDITORIALE: Editoria scientifica, le ambiguità dell’open-access

di Marco Borghetti – Pubblicato su Forest@ – Rivista di Selvicoltura ed Ecologia Forestale, vol. 16, pp. 77-78. – doi: 10.3832/efor0065-016


La scienza deve essere aperta a tutti: fino adesso lo è stata tranne che nella fase di pubblicazione dei suoi risultati, si dice con un fondo di verità. È questa la considerazione alla base della tendenza, da parte delle agenzie pubbliche di finanziamento (EU su tutte), a “forzare” i ricercatori a pubblicare i loro risultati su riviste ad accesso libero o a pagare per rendere liberamente leggibili gli articoli pubblicati.

Anche il ricercatore più remoto, estraneo ai laboratori istituzionali, deve poter accedere ai risultati che la scienza produce. Giustissimo, ma proviamo a vedere, seguendo i movimenti di quella coda che si diverte a mettere sottosopra le buone intenzioni, qualche possibile effetto collaterale di una evoluzione in questa direzione:

  • chi legge non paga più, ma ovviamente qualcuno deve pagare, altrimenti come stanno in piedi le imprese editoriali? Percorso da destra o da sinistra, il cerchio rimane comunque tondo. Difatti, i grandi gruppi editoriali si sono già organizzati, andando verso l’open access a pagamento, anche se elegantemente si parla di article processing charge (APC, obbligatorio). Quindi non paga più chi legge, ma chi scrive, cosa abbastanza strana: fate conto di andare in libreria, comprare un libro e mandare il conto a chi l’ha scritto, qualcosa non torna;
  • qualora la situazione diventasse generale (tutte riviste open-access con APC obbligatorio), il ricercatore di una zona svantaggiata, sconnesso dalle istituzioni, potrebbe sì leggere, ma farebbe fatica a scrivere. È vero che le riviste potrebbero ridurre o togliere l’APC in questi casi, ma si tratterebbe di “paternalistiche” concessioni da contrattare caso per caso. Non si farebbe prima ad assicurare il diritto di leggere ai ricercatori “svantaggiati”, mantenendo gli abbonamenti per gli altri?
  • dicevo prima: pagherà chi scrive, in realtà non sarà così. Pagheranno sempre le agenzie che finanziano la ricerca, o le istituzioni di appartenenza dei ricercatori, quindi alla fine cosa cambia? Qualcosa in realtà cambia, ed è questo l’aspetto più delicato: il bilancio della rivista dipenderà da quanti APC entreranno, e le decisioni editoriali rischiano di essere influenzate dall’aspirazione ad incrementare il budget;
  • pertanto, facendo peccato per il cattivo pensiero, si arriva a sospettare che la tendenza all’accesso libero sia gradita ai gruppi editoriali, che potrebbero vedere nell’APC un business più ricco rispetto a quello degli abbonamenti. Che le buone intenzioni possano veicolare verso lo Stige non è peraltro una sorpresa; avremo modo di vedere se la “simpatica” coda si muove davvero in quella direzione.

Qualche considerazione/proposta:

  • se avete una bella “storia” scientifica da raccontare, non c’è bisogno di ricorrere a riviste che applicano un APC obbligatorio, soprattutto se gestite da gruppi evidentemente orientati al business; piuttosto, se avete risorse, investite dopo l’accettazione del lavoro per “aprirlo” alla comunità scientifica;
  • le agenzie di finanziamento mettano a disposizione specifiche risorse per garantire l’accesso libero ai lavori più significativi: o direttamente o attraverso le società scientifiche, molte delle quali mantengono la loro impronta sui comitati editoriali e potrebbero essere coinvolte in questo compito;
  • le riviste richiedano di rendere disponibili i data set in un public repository, e le agenzie di finanziamento supportino il costo della pubblicazione “aperta” nelle riviste che adottano questa politica; questo mi sembra uno dei passi più importanti da compiere per una scienza veramente aperta e sempre più credibile.

Può sembrare strano che il sottoscritto faccia queste considerazioni. La rivista iForest – Biogeosciences and Forestry (⇒ https:/­/­iforest.sisef.org) che più di 10 anni fa ho fondato, insieme a Gabriele Bucci, è da sempre ad accesso libero: con un particolare, è anche APC-esente. Il segreto? Per ora basta quello di Pulcinella, ma nel medio termine le cose potrebbero complicarsi.

Info Autori

Website | Altri Posts

SAFE - Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali
Università degli Studi della Basilicata

Marco Borghetti

SAFE - Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali Università degli Studi della Basilicata

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: